Il mio rapporto col cibo

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Sin da quando ero piccina, non sono mai stata una mangiona.

Mangiavo a sufficienza (visto dal mio attuale punto di vista) ed ero già abbastanza snob col cibo.

Mi piacevano le mele verdi fresche, l’insalata condita in un certi modo, il pinzimonio, lo yogurt al caffè, la carne, gli spinaci, la frittata, il ragù senza pasta e il latte. Uuuuh che buono il latte!

Di tutto il resto, o almeno tutto ciò che cucinava mia madre, facevo senza, non mi piaceva.

Lei ha sempre cucinato il cibo in un modo che non mi piaceva: troppo condito, elaborato, fritto, unto, io ho ricordo solo dell’odore per me terribile che c’era in tutta casa e lei sempre in cucina che non giocava con me.

Pesate che nemmeno a Giovanni, mio figlio, piace ciò che fa la nonna, tant’è che gli do là merenda da casa quando va là!

Quando ho iniziato ad andare a scuola mia madre per tenermi occupata affinché potesse fare le sue cose, mi dava pacchi di biscotti o patatine interi da mangiare.

Sincera? Non mi andavano ma…ho preso il vizio.

Poi sapete che c’è? Non mangiavo altro. A scuola mi dimenticavo di fare merenda perché avevo fame di giochi e compagnia, non di cibo!

In mensa dalla mia “tata” (i miei genitori facevano i custodi per un’azienda e spesso si occupava di me la cuoca della mensa interna), mi facevo i piatti più per gioco che per reale fame, finché…tadaaan in 4ª elementare sono diventata signorina.

Mi sono venute le prime mestruazioni ecco, e mi si è spalancata una voragine nello stomaco.

Avevo sempre fame. Pensavo sempre al cibo e pensate un po’? Mia madre mi diceva che ero ingrassata e mangiavo troppo “Biba ma pensa ad altro!”

Con la consapevolezza odierna le direi:

“Ma se mi hai ingozzata fin’ora e mi dicevi che non mangiavo, che mi dici adesso? Che mangio troppo???”

In realtà non avevo fame vera, ero solo molto in crisi e a disagio. Mi sentivo sporca, non più piccina, diversa, pensate che pregavo Dio di farmele sparire per sempre!

Comunque nel giro di un anno mi sono abituata e tutto è tornato alla normalità.

Il mio rapporto col cibo era da normale ragazzina: panino con le amiche a merenda, pastasciutta o uova o minestrone o prosciutto crudo a pranzo perché dovevo cucinare io per me.

A volte saltavo i pasti, mi dimenticavo proprio se mi divertivo con le amiche di quartiere.

Loro avevano la mamma che le chiamava dalla finestra per pranzo o cena, io ero sempre sola e stavo con chi non era ancora stata chiamata e magari la prima aveva già finito e tornava giù a giocare, quindi…avanti!!!

Questo per dirvi che il cibo non è mai stato un elemento centrale nella mia vita. Io volevo FARE!

Girare in bici, scoprire, sperimentare, ideare…se mi fermo a pensare, il momento cibo, era sempre una rottura dei miei divertimenti da piccola e questo ora torna nella mia vita, ma vi spiego dopo.

Sono cresciuta, la mia vita sociale è cambiata e ho iniziato a trovare gusto nell’uscire a cena con le amiche o con i parenti.

Era speciale quello! Non era una rottura ma era condivisione, era scoprire gusti nuovi. Potevo scegliere, non mangiare ciò che c’era. Si parlava e si rideva…mi spiego?

Questo piacere, questo gustarmi un certo cibo in un certo modo, si è poi accentuato con le prime uscite a cena con i fidanzati degli anni successivi e con ciò che le varie suocere cucinavano per me imparando a conoscermi.

Non avevo proprio idea di cosa fosse un rapporto malato col cibo fino alle superiori, quando una compagna mi ha confessato di avere grossi disturbi col cibo. Lei mangiava da scoppiare e vomitava tutto.

Io ero davvero allibita. Non conoscevo una tale usanza, mi chiedevo il senso, non capivo. Mi ricordo di averlo chiesto:

“Perché mangi se poi vomiti? Ma non ha senso!”

Diceva essere più forte di lei e che avesse bene o male imparato a conviverci ma a volte si sentiva in trappola. E poi così poteva mangiare e non ingrassare.

Ingrassare??? Per me era un pensiero così lontano…ingrassare? Ricordo come fosse ieri che mi sono detta:

“Io non farò mai una cosa simile!”

(Le meraviglie si attaccano si dice dalle mie parti, attenta Bea!)

Poi un altro. Un maschio. Lui però era nel tunnel dell’anoressia.

L’ho portato a Roma per distrarsi insieme ad un’altra amica che vi confessó di essere anoressica anche lei. Mangiava solo un po’ di pisell in tutto il giorno.

Dovevo aiutarli…non potevano vivere così, si stavano perdendo troppa vita!

Piano piano ci siamo usciti. Con amore, chiacchierate luuuunghe, stando uniti e con 2 bravi analisti!

Ok. Arriviamo all’amore della mia vita! A 18 anni, dopo varie sofferenze sentimentali l’ho trovato.

Come ci divertivamo, che sintonia, che amore: un dare e avere spontaneo, senza chiedere.

Tutto arrivava da entrambe le parti.

Rapporto col cibo normalissimo. A volte ci dimenticavamo di mangiare perché ci divertivamo o perché eravamo molto assorbito dallo studio, ma condividevamo la passione di sperimentare cibo, ristoranti, gustarci chiacchiere a cena in un posto romantico o mangiarci una pizza in un prato.

Bene. Dopo 2 anni mi molla. a Natale. Di punti in bianco. Sparisce. Non mi vuole più parlare. Chiuso.

Non ho mangiato per un mese. O meglio, la mia migliore amica mi imboccava il pandoro per tenermi su.

Dopo un mese e 1 giorno, era il mio compleanno, mi sono tagliata i capelli a caschetto e sono uscita a cena con le mie amiche.

Ho svoltato. Ho riso e mi sono gustata il mio piatto di tortelli, come una volta.

Ho però fatto un incontro che mi ha portata fuori completamente dal mio mondo puro e g fatato per farmi conoscere un’altra realtà.

Quella della superficialità e della mera apparenza.

Non avevo vestiti firmati. Non avevo soldi. Non ero la persona giusta, ma per certe cose andavo bene.

Era, è un personaggio famoso e io non sono mai stata una da quella roba lì. Tant’è che per accettare di uscire con lui, ci ha messo un mese.

Il mio ex nel frattempo ha saputo e…è tornato. Mi rivoleva. Ho accettato ma…non mi fidavo. Piangevo. Non capivo perché mi avesse abbandonata.

L’ho lasciato. E…ho cominciato a mangiare e vomitare.

Così per 6 mesi. Ogni giorno quasi mi riempivo di merendine, brioche, biscotti, cioccolata…poi…fuori tutto: UNA PRIGIONE.

Solo chi lo prova sa quanta solitudine, infelicità, malessere interiore e fisico, senso di sporcizia sia stare in quella situazione.

Innanzitutto devi imparare a raccontare balle su dove vai e perché stai via tanto.

Poi devi aggirarti per supermercati e bar con un senso di colpevolezza allucinante che ti fa credere che tutti sappiano che stai prendendo tutto quel cibo per abbuffarti.

Poi mangi e più mangi più stai male. Stai male sì, fisicamente perché ti rimpinzi come un tacchino e moralmente perché ti rendi conto che sei più infelice di prima.

Inoltre avrai i postumi: nausea, mal di testa, gola dolente, il cibo non ha più sapere, lo stomaco fa molto male, debolezza assurda.

Ho iniziato a scrivere. Quando mi scattava l’impulso di abbuffarmi, scrivevo in un diario ciò che avrei voluto mangiare e poi perché sentivo di doverlo mangiare. Le mie emozioni.

Piano piano, scrivere nero su bianco, mi ha resa consapevole di ciò che mi stava succedendo e dalla tazza del water, col la mia felpa bianca, ho detto:

“Ho 21 anni, cosa sto facendo? Posso avere molto di più dalla vita!”

Ho confessato tutto a tutti e da lì è iniziata la mia riabilitazione mentale col cibo.

Ho chiesto aiuto ad una dietologa per avere regole da seguire, ho ripreso la mia vita in mano da dove l’avevo lasciata: ho ripreso a studiare, ad insegnare fitness e a gustarmi il cibo.

Però ero terrorizzata. Ero sempre sul chi va là.

Più cercavo di non pensare sempre al cibo, più ci pensavo: a colazione pensavo già al pranzo, a pranzo alla cena e non mi godevo la vita!

Ero ancora malata.

Dopo qualche normalissima ricaduta ho deciso di rivolgermi ad un analista. Volevo liberarmi PER SEMPRE DELLA SCHIAVITÙ CIBO.

Inoltre sentivo di aver bisogno di capire come funzionasse il mondo, volevo avere riferimenti, dato che praticamente mi ero autocresciuta.

Il mio analista un giorno, subito dopo avergli parlato della mia ricaduta del giorno prima, mi ha detto:

“Ma Beatrice, lei non capisce che non importa se fa ingrassare o no, le fa male mangiare 6 bomboloni! Ma lei si vuole bene?”

Ecco!!! La svolta decisiva.

Da quel giorno è iniziata la dura strada verso il self love, che ha avuto il suo culmine quando ho avuto il coraggio di lasciare il padre di mio figlio.

Ora rispondo alla domanda più ricorrente che mi viene posta:

“Ma davvero non avresti voglia di mangiare la tal cosa?”

“Ma davvero sei felice e non pensi più al cibo? Io non ci credo. Secondo me sei fissata!”

Ecco io dico a tutti e tutte quelle che purtroppo pensano così, che IO NON HO PIÙ IL CHIODO FISSO DEL CIBO!

Ho smesso di aver paura, ho smesso di vivere le mie giornate e il mio divertimento basandolo sul cibo.

La mia natura è un’altra, io a volte dopo mangiato penso:

“Finalmente ho finito così posso lavorare/giocare con Giovi/ andare a prendermi il caffè/ leggere/scrivere…”

Capito?

Quando capisci che la felicità non dipende da ciò che mangi, ma da come sai investire, impegnare, occupare, il tuo tempo e le tue energie.

Quando sposti l’attenzione dal cibo come consolazione/tappa buchi/scaccia noia e inizi a conoscere te stessa e ciò che ti fa divertire davvero, ciò che ti fa passare il tempo senza accorgertene, quando fai una cosa e sei strano soddisfatta mentre la fai e ancora di più dopo averla fatta…ecco ti rendi conto di quanto poco conti un bignè preso per noia.

Ma piuttosto ti godi la cena che tanto ti piace col sorriso e senza sperare che non finisca mai, ma appena finita dire: “ma che buona, che era! Ora leggo un po’.”

E fine.

Quando sono triste, arrabbiata, piena di problemi, non penso minimamente al cibo, ma penso a come migliorare la situazione e spendo tempo ed energie in quella direzione.

Se sono molto felice, non mi tuffo nel cibo, ma mi faccio un regalo o gioco con più energia o Giovi o semplicemente mi gusto l’emozione.

Ragazze per guarire dalla malattia cibo, dobbiamo aver voglia di fare 3 passaggi:

  • Raccontarci la verità
  • Aver voglia di auto conoscerci per imparare a dare a noi stesse ciò che realmente ci serve e ci fa star bene
  • Aver brama di vivere ogni tipo di emozione che ci sovrasta. Quelle belle e quelle brutte senza soffocarle con cibo o palliativi.

Io spero di avervi aiutate con questa pappardella e se siete arrivate sin qua, grazie ?

Bea

Leggii anche “Bulimia: uno dei più utili brutti momenti della mia vita

6 Commenti

  1. vittoria

    grazie della condivisione.

  2. Chiara

    Grazie bea!! Hai condiviso tanto e sei stata brava a lasciarti così tanto andare, penso voglia dire che hai analizzato tutto e accettato il tuo percorso che ti ha resa come sei:?!
    Spero anch io di nn avere più il chiodo fisso del cibo un giorno, nn ho mai avuto problemi grossi ma è la mia costante, la mia fissa, la mia valvola di sfogo e nn mi piace, ma nn so come tirarmene fuori…

  3. Francesca

    Io credo che ogni vissuto difficile alla fine fortifica.
    Lo so perché l ho provato sulla mia pelle.
    Credo anche che i fantasmi non scompaiono del tutto ma che si possano tenere a bada e la corsa è una terapia eccezionale per questo.
    Grazie per la condivisione cara Bea.

  4. Patty

    Grazie ?

  5. Ilaria

    E’ sempre bello leggerti, anche quando parli di cose difficili da scrivere.
    Grazie

  6. Nella nicole napodano

    Fantastica grazie mille io sono nella tua stessa situazione solo che non mi piace proprio vomitare e non ho il coraggio quindi non lo faccio seno credimi lo farei volentieri non riesco a smettere di mangiare non ho nemmeno amici nulla da fare che può farmi smettere tutti i giorni di pensare al cibo

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